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Leucemia, le nuove cure promettenti che fanno sperare in guarigioni e lunghe sopravvivenze

Leucemia, le nuove cure promettenti che fanno sperare in guarigioni e lunghe sopravvivenze

Ematologi italiani e stranieri a confronto sui progressi della ricerca scientifica Nei tumori del sangue percentuali di curabilità più che triplicate negli ultimi 30 anni

La ricerca scientifica nel campo dei tumori del sangue avanza a grandi passi: trattamenti senza chemioterapia, terapie mirate, farmaci orali e combinazioni di farmaci sempre più efficaci, meglio tollerati e che assicurano maggiore sopravvivenza. Delle principali novità oggi disponibili per i pazienti, già entrate nella pratica clinica o giunte alle fasi finali di sperimentazione, si è discusso nel corso di «Leukemia 2021», il meeting biennale dedicato alle leucemie e non solo, appena concluso. Il congresso, nato dalla collaborazione tra Ail e Leukemia, è stato patrocinato da Società Italiana di Ematologia (Sie), Gruppo Italiano per il Trapianto di Midollo Osseo, cellule staminali emopoietiche e terapia cellulare (Gitmo) e Fondazione Gimema – Gruppo Italiano Malattie Ematologiche dell’Adulto. «Ail, oltre a occuparsi di assistenza e servizi per i pazienti oncoematologici, sostiene da sempre la ricerca scientifica – dice Sergio Amadori, presidente nazionale di Ail, Associazione Italiana contro le Leucemie, i linfomi e il mieloma –: in particolare la nostra Associazione supporta il Gimema, in prima linea da anni nella produzione di studi clinici, molti dei quali hanno rappresentato un punto di svolta nella cura di alcune forme di tumori del sangue».PUBLICIDAD

Possibilità di guarire triplicate rispetto a 30 anni fa

Tra le più recenti innovazioni arrivate negli questi ultimi tre anni, si è discusso dei farmaci mirati alle mutazioni maligne della leucemia mieloide acuta, dei risultati ottenuti con medicinali non chemioterapici che portano a remissione completa e profonda i pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta Phipladelpia positiva ad alto rischio e sono state approfondite le immunoterapie più avanzate come la CAR-T e gli anticorpi bispecifici, utilizzati con risultati molto incoraggianti nei linfomi non Hodgkin aggressivi e nel mieloma. «I progressi della ricerca scientifica hanno portato negli ultimi 20 anni a uno straordinario avanzamento delle terapie per le neoplasie ematologiche, per le quali le percentuali di curabilità e guarigione sono più che triplicate rispetto a 30 anni fa — sottolinea Amadori, che è anche professore onorario di Ematologia all’Università Tor Vergata di Roma —. Da alcuni anni si è imposta la cosiddetta “medicina di precisione” che attraverso la conoscenza dei meccanismi alla base dei tumori del sangue consente di personalizzare i trattamenti con terapie mirate. Ricordo un solo esempio tra tutti, una particolare forma di leucemia mieloide acuta detta “leucemia fulminante” ma tecnicamente denominata leucemia acuta promielocitica: le possibilità di sopravvivere e guarire, prima inferiori al 20%, oggi sfiorano il 95% grazie a una terapia mirata, non chemioterapica, a base di triossido di arsenico combinato all’acido all-trans-retinoico, un derivato della vitamina A. Dopo l’identificazione dell’anomalia molecolare, Gimema ha contribuito allo sviluppo della cura utilizzata in prima linea e oggi goal standard internazionale per questa malattia».

Anticorpi bispecifici nei linfomi

«Il concept di fondo di questa decima Conferenza è stato lo stesso che ha ispirato “Leukemia” nelle precedenti edizioni: la narrazione della ricerca clinica e della ricerca di base – spiega Angelo Michele Carella, già direttore Ematologia e Trapianti di Midollo dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova e coordinatore del meeting –. Uno dei “temi caldi” è certamente  l’immunoterapia avanzata e, in particolare, l’utilizzo degli anticorpi bispecifici nei linfomi. Sono molecole che si legano a due diversi bersagli contemporaneamente: uno è l’antigene del tumore, l’altro è la cellula T del sistema immunitario che vengono svegliate per aggredire e uccidere le cellule maligne. Il farmaco su cui si concentra il maggior interesse è mosunetuzumab, un anticorpo monoclonale che permette di reclutare le cellule T indirizzando la loro efficacia citotossica contro le cellule B del linfoma. Il risultato è quello di contrastare in maniera efficace i linfomi B non Hodgkin più aggressivi che siano pluriricaduti o refrattari alle terapie convenzionali. Questo medicinale, inoltre, ha il vantaggio di essere già pronto per ogni singolo paziente, a differenza delle CAR-T che vengono preparate di volta in volta per ciascun malato. Altra cura promettente è elranatamab, un anticorpo bispecifico (utilizzabile anche per via intramuscolare) che si lega da un lato al BCMA, una molecola espressa sulla superficie delle cellule del mieloma multiplo, e dall’altro al recettore CD3 che si trova sulla superfice delle cellule T, collegandole insieme per ottenere una risposta immunitaria. I risultati delle sperimentazioni mostrano tassi di risposta elevati in pazienti con mieloma multiplo ricaduti o refrattari, inclusi tre malati la cui malattia è progredita dopo precedenti terapie che inibiscono BCMA».

Successi contro la leucemia mieloide acuta

Anche nelle leucemie mieloidi acute sono stati fatti negli ultimi anni progressi importanti con l’identificazione di marcatori genetici e lo sviluppo di farmaci intelligenti e mirati. Dopo 30 anni in cui era disponibile sola la chemioterapia, è arrivata negli ultimi cinque anni una pioggia di cure innovative che stanno cambiando radicalmente il profilo terapeutico di queste patologie. «Venetoclax, per esempio, colpisce le cellule leucemiche inibendo una sorta di catena di montaggio che consente alle cellule di non morire e creare resistenze attraverso il meccanismo della “sopravvivenza prolungata” — chiarisce Amadori —. Il farmaco si lega a una proteina specifica chiamata Bcl-2, presente in elevate quantità nelle cellule tumorali che contribuisce a prolungarne la sopravvivenza nell’organismo rendendole resistenti ai farmaci antitumorali. Legandosi alla Bcl-2 e bloccandone l’azione, venetoclax provoca la morte delle cellule cancerose, rallentando così la progressione della malattia. Questo farmaco utilizzato inizialmente da solo e con risposte basse in pazienti con leucemia mieloide acuta in fase avanzata, non più rispondenti alle chemioterapie tradizionali, più recentemente viene combinato con altri farmaci, come per esempio, l’azacitidina, inducendo remissioni complete in oltre il 65-70% dei soggetti e molte di queste remissioni sono di lunga durata. Questi risultati stanno rivoluzionando i trattamenti soprattutto negli anziani non eleggibili per chemioterapie intensive e trapianto di midollo osseo». Ora poi è in atto un ulteriore avanzamento: i ricercatori sono orientati a trattare con chemioterapia tradizionale combinata a venetoclax anche i più soggetti giovani e i dati preliminari paiono promettenti facendo sperare, nel follow up, in lunghe sopravvivenze. «Al tempo stesso stanno diventando sempre più numerosi i contributi che derivano dall’impiego di forme di immunoterapia avanzata — conclude Amadori —. Anche nelle leucemie acute, sia mieloidi che linfoidi, si stanno mettendo a punto degli anticorpi monoclonali bispecifici. Ne abbiamo tanti in fase di sperimentazione, alcuni con risultati che fanno davvero ben sperare».

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